mercoledì 24 settembre 2025

 Ed ecco a voi le tanto attese cronache del mio week-end romano, due giorni in cui me ne sono successe di tutti i colori e in cui ho tirato giù tanti di quei santi che quelli del calendario son finiti presto e ne ho dovuti inventare di nuovi.
Le cose sono andate male proprio dall'inizio: a parte la sveglia all'alba, che quella è già maledetta di suo, per sbrigarmi ad andare a prendere il treno ho dimenticato a casa il mio pranzo, e qui la prima bestemmia della giornata.
Giunta a Genova, avevo solo un quarto d'ora di tempo prima che arrivasse la coincidenza per Roma e allora mi sono sbrigata ad andare al bar per prendere qualcosa da mangiare che non contenesse latte o latticini, ovvero NIENTE, accontentandomi alla fine di qualche bustina di gallette di mais ricoperte di cioccolato fondente (il pranzo ideale, insomma).
Ovviamente la fila al bar era infinita e il tempo scorreva veloce, due condizioni che non collimavano affatto, ma per una strana botta di culo sono riuscita ad arrivare in cassa entro un tempo ragionevole, che se avessi corso sarei riuscita a prendere il treno senza problemi (a parte l'enfisema polmonare).
Solo che tutta questa grazia ha avuto una botta d'arresto: il mio bancomat risultava annullato e io non avevo contanti appresso, fiduciosa di prelevare al bisogno se mi fossero serviti.
Fortunatamente per me, avevo anche la prepagata di Lemmy per le emergenze e così, dopo un'altra buona bestemmia, ho potuto pagare il mio lauto pasto e tornare ai binari di corsa, che l'idea di rimanere senza mangiare per tutto il viaggio era decisamente inaccettabile e la fame già cominciava a farsi sentire.
Arrivata ai binari qualcos'altro ha cominciato a farsi sentire: il caldo.
Nei giorni scorsi a Grande Inverno stavamo sui 16-18 gradi durante il giorno e così, convinta di trovare le stesse temperature un po' ovunque, mi sono bardata con scarpe chiuse, collant, coprispalla, stola e giacca di pelle, e ho infilato nello zaino ben due vestiti a manica lunga e l'ombrello per il resto del mio soggiorno, perché io valgo.
Ovviamente non potevo essere più in errore di così, una volta alzatosi il sole di Genova, ben più caldo di quello di Grande Inverno, si è reso necessario eliminare gli strati più pesanti del mio outfit, con conseguenti calate di santi per l'ulteriore fastidio per l'ingombro fra le braccia, che manco a farlo apposta, nello zaino non c'entrava neanche uno spillo.
Pensavo però che la sofferenza durasse poco, che tanto il treno sarebbe arrivato presto e sarei stata libera e felice senza i miei bagagli addosso una volta seduta al mio posto, solo che non avevo fatto i conti con l'efficienza delle Ferrovie dello Stato che ha fatto arrivare il mio treno con un'ora abbondante di ritardo.
UN'ORA DI RITARDO.
Eh, quando c'era LVI.
E non è finita qui, sui tabelloni informativi scorreva insistente la notizia che lunedì 22 settembre ci sarebbe stato sciopero nazionale dei treni, la ciliegina sulla torta che non poteva mancare in questa mia giornata cominciata non proprio nel migliore dei modi.
Ora, apriamo una piccola parentesi: la notizia riportava che lo sciopero sarebbe durato 24 ore nella giornata di lunedì 22 settembre, ma la maggior parte delle persone che sostava nella banchina insieme a me, ha capito che lo sciopero era appena iniziato e sarebbe durato tre giorni.
Perché?
La comprensione del testo ormai è un optional, diobestia.
Io mi chiedo, porcodemonio, come si può arrivare a capire fischi per fiaschi nonostante l'annuncio nero su bianco fosse chiaro, preciso e conciso, come?
Ovviamente mi sono fatta i cazzi miei, che di fare polemica in quel frangente proprio non ne avevo voglia, ma cribbio, constatare un tale livello di ignoranza mi ha lasciato alquanto amareggiata.
Eh vabbè, chiudiamo la parentesi.
Questo post sta diventando chilometrico e siamo solo all'inizio.
Dicevamo, fra mille altre calate di santi per i motivi di cui sopra, alla fine il treno è arrivato e il viaggio verso la capitale si è compiuto abbastanza tranquillamente: ho pranzato con le mie gustose gallette di mais e cioccolato, ho letto dei libri sul mio kindle, ho letto un libro cartaceo, ho giocato un po' con il cell e mi sono anche appennicata, che sei ore di viaggio sono abbastanza pesanti da affrontare.
Il peggio è arrivato una volta scesa alla stazione Termini, dove ho scoperto che il treno che avrei dovuto prendere per il ritorno aderiva allo sciopero e non sarebbe partito, rendendo necessario trovarne un altro disponibile in giornata, e alla svelta anche.
Risultato: un'altra ora persa a fare la coda agli sportelli per ottenere un cambio e poter tornare a casa senza troppi disagi.
Ma alla fine tutto è andato bene e sono riuscita ad arrivare a casa di mamma Samara, distrutta ma felice.
Peterpan mi aveva anche chiesto se appena arrivata volessi andare con loro agli allenamenti di rugby di Gnegno, ma anche no, a parte che non avrei mai fatto in tempo, quello che anelavo era solo poter parcheggiare le chiappe sul divano e svaccare fino all'ora di cena tra i mille bacini di Lilli, com'è giusto che sia.
Ovviamente non ho risposto così a Peterpan, ma gli ho detto che desideravo stare più tempo possibile con mamma Samara e non mi andava di lasciarla sola, al che di rimando lui mi fa: così ci litighi dal vivo invece che per telefono?
Esatto.
Sempre ovviamente, non c'è stato riposo per il guerriero, una volta arrivata a casa e fatto merenda, siamo andate a fare la spesa e a portare Lilli a spasso, per poi preparare la cena, che saremmo stati tutti insieme appassionatamente una volta conclusi gli allenamenti.
Nonostante i mille disagi, la stanchezza e i tanti dolori corporei dovuti allo strapazzo cui ho sottoposto le mie membra non tanto giovani, stare con la mia famiglia dopo tutti questi mesi è stato confortante, un vero balsamo per l'anima che mi ha ridato forza e vigore.
E non ci sono state neanche guerre dei mondi con mamma Samara, incredibile.
I miei pezzi di cuore erano così contenti che fossi scesa che hanno deciso di fermarsi a dormire da noi, tutti e due nel lettone con me e tutti e due in posizioni decisamente strambe che non mi hanno consentito di chiudere occhio per la grande scomodità in cui mi sono vista costretta a rimanere.
Ma è stato bellissimo lo stesso.
La mattina dopo le due piccole pesti avrebbero dovuto fare colazione salata con le uova secondo le precise istruzioni del padre, ma visto che a casa della nonna decidono loro, hanno pasteggiato con molta naturalezza con pane tonno e maionese, mentre io sorseggiavo la mia dolce tisana calda cercando di tenere a bada le mie perplessità al riguardo.
Ma hanno anche dei difetti.
Una volta lavati e pettinati è arrivata l'ora dei saluti, i genitori se li sono venuti a riprendere e io mi sono imbarcata per il mio viaggio di speranza verso casa dell'amica Candy, raggiungibile facilmente con la metro C che, proprio quel giorno, era completamente chiusa.
E qui una buona bestemmia.
Fortunatamente c'era la navetta sostitutiva, altrimenti sarei ancora ferma a San Giovanni a calare santi e a maledire l'Atac e tutto il creato, com'è giusto che sia.
Comunque, dopo essere scesa alla fermata più vicina a quella della metro che mi serviva, di cui l'autista non aveva minimamente idea dove fosse -tra l'altro- costringendomi a tirare ad indovinare, e dopo essere stata recuperata dalle amiche di Lena in macchina, finalmente sono giunta dall'amica Candy, per l'occasione obbligata ad allontanarsi da casa per consentire la buona riuscita della sorpresa.
E che sorpresa, convinta che il pranzo fosse stato organizzato solo con i colleghi e le amichette della figlia, quando l'amica Candy si è vista davanti le sue sorelle e me, che abitiamo tutte lontano, è crollata a piangere di felicità.
Missione compiuta, posso ritenermi soddisfatta.
Il resto della giornata è scorso allegramente tra cibo, gossip, chiacchiere e risate fino all'ora di cena, quando si è reso necessaria la mia dipartita per il ritorno a casa di mamma Samara, sempre con la navetta della speranza di cui noi tutte ignoravamo l'ubicazione della fermata di ritorno.
Ma ce l'ho fatta, sono rientrata sana e salva e distrutta, ma decisamente appagata.
Il giorno dopo altra sveglia all'alba, il conducente della navetta di ritorno mi aveva detto che ci sarebbe stato lo sciopero anche di metro e autobus oltre a quello dei treni, e così mi è toccato partire presto e aspettare cinque ore (CINQUE ORE) in stazione prima di poter salire sul mio convoglio.
Cinque ore sono tante, ma tra un giretto per la stazione (in cerca di un posto dove sedermi), la pausa pranzo (che stavolta non ho dimenticato di portarmi) e una sosta al bagno (per la bellezza di un euro e venti di costo, parliamone), alla fine sono riuscita a sopravvivere all'attesa, arrivando abbastanza sana di mente al mio treno.
Il viaggio di ritorno è scorso tranquillo, ma avendo finito il libro cartaceo e non avendo voglia di leggere sul kindle, alla fine mi sono messa a guardare il dottor House sul cell mentre sgranocchiavo senza ritegno tutti gli snack che mi ero portata appresso, oltre alle già citate gallette di mais con cioccolato fondente, con somma soddisfazione sia di cervello che di stomaco.
Una volta arrivata a Genova pensavo che il peggio fosse passato, si erano fatte ormai le sette di sera ed entro poco sarei tornata nella mia casa dolce casa... e invece colcazzo, la macchinetta per fare i biglietti non dava disponibili i treni che sarebbero partiti a breve per Grande Inverno, costringendomi ad acquistare quello per il primo disponibile alle ore otto e mezzo.
E qui una buona bestemmia.
Salita al binario preposto ho poi capito il perché dei biglietti non disponibili: il treno delle sette e venti portava ritardo e, come già successo, alla fine è arrivato con la sua bella ora di ritardo, fra mille calate di santi sia mie che degli altri viaggiatori in attesa.
Risultato: ho rimesso piede in casa mia verso le dieci di sera, completamente sfatta e distrutta (e affamata) da queste quattordici ore di viaggio.
Quattordici ore di viaggio per fare seicento chilometri, parliamone.
Anzi no, che al solo pensiero son già stanca.
E' stato bello andare per due giorni nella mia amata capitale, ma è stato altrettanto bello tornare a Grande Inverno, tra le braccia del mio Lemmy e le feste di Rey, che a giudicare da quanto mi si è appiccicato addosso, ha sentito decisamente la mia mancanza.
E io gongolo.
E aggiungo che tutte le sfighe che mi sono capitate non possono essere state un caso, qui c'è lo zampino delle macumbe della collega junior, poco ma sicuro.
Ma tanto io sto qua viva e vegeta, attaccate al cazzo, stronza.
Ovviamente la stronza non si è limitata alle macumbe, la storia continua nella prossima puntata.
Restate connessi!

lunedì 22 settembre 2025

 Il mio week-end romano è stato talmente assurdo e imprevedibile che non so neanche come ho fatto ad uscirne sana di mente, ma per le cronache delle mie folli gesta bisognerà aspettare il prossimo post, che oggi voglio parlare di tutt'altro.
In questo momento mi trovo alla stazione Termini ad aspettare il treno che mi riporterà a Grande Inverno, appollaiata su uno sgabello davanti una vetrata che si affaccia sui tetti delle banchine e sui binari, non il miglior spettacolo cui assistere e non il posto migliore in cui sostare, ma di sale d'attesa non ce ne sono più, stando a quanto mi ha detto una tipa del personale, quindi me lo faccio andar bene.
Anche perché è già stato difficile raggiungere la stazione, che la fermata della metro era chiusa e sono dovuta scendere a quella dopo e farmela a piedi, cominciando la giornata alla grande, e ora non mi muovo da qui neanche se mi pagano.
Ma bando alle ciance, oggi cade l'anniversario della morte di Ren e, come l'anno scorso, sono in viaggio verso Grande Inverno, anche se lo stato d'animo è differente: l'anno scorso non volevo tornare, ora invece fremo per rimettere piede nella mia casa al freddo norde e riprendere la mia vita abituale e le mie routine.
Sembra ieri eppure è già passato un anno, un anno in cui ho sofferto come non mai, al punto da decidere di prendere subito un altro cane per alleviare le mie pene, all'epoca insormontabili.
Certo, chi si aspettava poi che il nuovo arrivato fosse tutto il contrario di Ren?
Io avevo (ho) bisogno di un cane come Ren, dolce, affettuoso e morbosamente attaccato a me, per sopravvivere alla dipartita di Ren, e invece mi è capitato il figlio di Satana, dal caratterino difficile, schivo e diffidente, che culo.
Ma magari è stato meglio così eh, magari una copia del mio Ren sarebbe stata deleteria e Rey, nel suo essere l'esatto contrario del mio Ciccio è l'ideale per me, solo che ancora non c'ho le prove.
Adesso come adesso solo una cosa è certa: la sofferenza che ancora provo per la mancanza del mio amato Ren.
Voglio bene a Rey e gli sono affezionata, ma tra noi non c'è quel grande amore che mi legava al mio amato Ren, e a questo punto non so nemmeno se ci sarà mai.
Ed io, che sono una madre di merda, faccio sempre confronti fra i due cani, continuando a preferire quello che non c'è più e che amavo più di me stessa.
Un anno è passato da quando Ren mi ha lasciato, ormai il pensiero di quello che è successo non mi toglie più il respiro e la voglia di vivere come l'anno scorso, ma comunque fa ancora male, un male cane, tanto che non riesco ad evitare di piangere ogni volta che mi torna in mente, anche a distanza di tutto questo tempo.
Amore di mamma, sei sempre nel mio cuore e nei miei pensieri, ti amo ancora immensamente.

domenica 14 settembre 2025

 Casa di Generalenonna è stata finalmente venduta, ora niente mi lega a Letamaios, le mie radici sono definitivamente troncate.
Se da un lato provo sollievo per la fine di un capitolo sofferto e per la tranquillità che consegue la conclusione tanto attesa di beghe familiari e intoppi legali, dall'altro provo un dolore sordo al pensiero di non poter più mettere piede nel luogo dove sono nata e cresciuta.
Anche mamma Samara è dispiaciuta di aver detto addio a quella casa, ma quando le ho detto che allora poteva tenersela lei, mi ha risposto: ma che ci faccio?
Effettivamente...
Comunque, ormai quello che è fatto è fatto, basta con i sentimentalismi.
Ovviamente l'atto notorio non è stato esente da disagi, e qui si potrebbe aprire una nuova puntata di "martirio e tormento d'amore", la zia Inutile, in un guizzo di inutile orgoglio, non ha voluto farsi accompagnare da nessuno all'ufficio notarile, neanche dai figli, preferendo raggiungere il luogo dell'appuntamento con i mezzi.
E fin qui non ci sarebbe stato nulla di male, peccato che la tipa abiti in un paesino sperduto dell'entroterra romano e che non metta piede al di fuori di casa sua da anni, tanto meno da sola, condizione che l'ha portata a perdersi per le strade della capitale e a far tardi all'appuntamento, con sommo fastidio del notaio che voleva annullare tutta l'operazione.
Non contenta, la zia Inutile ha viaggiato con i mezzi portandosi dietro i soldi contanti per pagare l'ultimo di tanti documenti richiesti proprio dal notaio, non volendo fare un bonifico per motivi di cui solo lei è a conoscenza, rischiando così di essere rapinata.
Ovviamente a fatto compiuto poi è stata rimproverata abbestia dalle sorelle, e a ragione, che è stata veramente incosciente a girare per la capitale da sola con i soldi in borsa, ma tanto da quell'orecchio non ci sente e dopo il cazziatone se n'è tornata a casa da sola, libera e felice di essersi tolta un peso e di averci guadagnato.
Per la cronaca, quei soldi andranno dritti dritti a finanziare il matrimonio del suo primogenito, fidanzato da anni con una ragazza che FORSE non ha idea di che bestia sia lui, tutto suo padre.
Ma dopotutto, cazzi loro.
Parliamo di cose decisamente più interessanti, ovvero il mistero di Fantasma finalmente svelato grazie ai gossip con la collega senior scambiati durante quei pochi minuti in cui riusciamo a stare da sole e spettegolare in santa pace.
Che poi, il responsabile l'altro giorno ci ha pure beccato mentre ci intrattenevamo a chiacchierare prima di attaccare in turno, sicure che tanto lui in quel momento si stava intrattenendo con la sua cocca, e così il giorno dopo ha rimandato i suoi sollazzi e ha deciso di seguirci con il furgone mentre stavamo recandoci ai rispettivi blocchi, con sommo fastidio nostro che ci siamo viste defraudate del nostro sacrosanto diritto di parlare male di lui, della sua cocca e di chiunque altro lo meriti.
Che tanto la sua è stata tutta fatica sprecata, può fare quello che vuole ma noi un modo di spettegolare lo troveremo sempre, che si desse pace che la sua battaglia è bella che persa.
Tornando a noi, praticamente Fantasma è uno dei turnisti della sicurezza che ha leccato talmente tanto il culo a Crudeliademon da riuscire a farsi assegnare un ufficio tutto suo, e ora finalmente si è palesato in azienda dopo un mese di ferie, dando così un volto al suo nome e sciogliendo ogni dubbio circa la sua esistenza.
Mese in cui ha lasciato l'aria condizionata accesa a palla giorno e notte nel suo ufficio inutilizzato, tanto per la cronaca, ma vabbè.
Aria condizionata che gli ho fatto spegnere, dato il freddo che ormai sta calando in queste lande sperdute, che c'è un limite a tutto, diobestia.
Fantasma si è fatto dare un ufficio di cui non aveva bisogno e invece Gentile e Pennellona sono costretti a rimanere nel loro che ha una perdita dal soffitto e che si riempie d'acqua quando piove (appena successo tra l'altro, e chi ha dovuto asciugare tutto? Ecco, bravi).
Di cambiare ufficio non se ne parla, il massimo che hanno ottenuto per ovviare al disagio dell'allagamento è stato un saccone enorme di plastica per ricoprire le loro scrivanie e salvaguardare così documenti e pc, in attesa che esca il bando per poter fare i lavori sul tetto.
Quindi mai.
Fortunatamente per loro (e per me), spesso lavorano da casa, ma insomma, è una magra consolazione.
Non voglio esserci quando nevicherà, ne ho timore.
Parlando di altro, il materiale che avevo ordinato è arrivato tutto, tranne la pietra grezza per il mala dell'amica Candy, e così è giunto il momento per me di mettermi all'opera e creare le collane.
Spavalda, mi son detta: basta poco, che ce vo'?
Una giornata e via, pronte tutte e tre.
E invece colcazzo, da ieri ne ho finita solo una, la più semplice tra l'altro.
Non ce la faccio, non ce la posso fare.

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